Walter Samuel ha deciso di smettere con il calcio dopo vent’anni di carriera vissuti a livelli altissimi. Il difensore argentino dallo scorso anno veste la maglia del Basilea, una sorta di pensione dorata, destinazione scelta al termine della lunga e indimenticabile esperienza all’Inter. Con la maglia nerazzurra ha vinto tutto, dai tanti scudetti in Italia alle coppe in Europa, The Wall era una delle pedine fondamentali dello scacchiere di Mourinho, di quell’Inter capace di salire prima sul tetto continentale e poi di diventare anche campione del mondo.

Decidere di mettere la parola fine ad una carriera per un calciatore non è mai semplice, soprattutto se quel lavoro lo hai amato per due decenni, ma Samuel è convinto che sia arrivato il momento giusto e lo spiega in una lunga intervista al quotidiano della capitale elvetica Neue Zürcher Zeitung. I motivi sono semplice, il suo fisico, arrivato all’età di 37 anni non gli permette più di essere ai livelli altissimi a cui è abituato:

Arriva il momento in cui si diventa consapevoli del proprio corpo, quando ti fa male tutto e anche mentalmente ti senti stanco. Voglio ancora giocare, ma incontro delle difficoltà fisiche. Non è una decisione semplice quella di smettere, per niente. Mi piace essere un calciatore, gli allenamenti, giocare, i compagni. Ovviamente ci sono anche responsabilità, orari da rispettare, persone che lavorano per te. Ma ho sempre giocato perché mi piace. Ma ora ho bisogno di più tempo per recuperare. I miei compagni più giovani il giorno dopo sono già pronti e in forma, a servono due o tre giorni. E sono anche più veloci, io cerco di mantenere il ritmo, ma so che non potrò mai essere come in passato.

Poi dice che probabilmente non gli mancheranno le partite, forse l’emozione di entrare in uno stadio pieno di tifosi, ma non i novanta minuti. Di sicuro però la prossima estate, quando sarà un “pensionato”, ci sarà una cosa che gli mancherà moltissimo:

Mi mancherà lo spogliatoio, uno ci si abitua. È come con la scuola, non appena iniziano le vacanze vuoi subito tornare, ritrovarti con i compagni, fare scherzi, vedere se è arrivato qualcuno di nuovo. Questo è quello che mi mancherà. Le partite? Sì, ma ne ho giocate tante. Le emozioni, naturalmente quelle sì. Non sono fatto di pietra. Devo trovare qualcosa che mi renda occupato. Sono ancora giovane, non per essere un calciatore, ma per tutto il resto sì.

Passando in rassegna gli allenatori che ha avuto il piacere di conoscere ricorda le difficoltà di adattamento nella sua prima esperienza in Europa, alla Roma con Capello. Una menzione speciale non può non toccare Mourinho, insieme all’Inter hanno fatto la storia. Mentre quando gli si chiede di Maradona evita di dare giudizi sul piano tecnico, limitandosi a riconoscere lo status di leggenda del calcio del Pibe de Oro.

Lascia il calcio avendo vinto tutto quello che poteva: campionati in Italia con Roma e Inter e coppe nazionali, un campionato anche in Svizzera con il Basilea e poi i grandi trionfi con i nerazzurri fuori dai confini nazionali. L’unica stagione in cui è rimasto a secco è stata quella con la maglia del Real Madrid, giusto prima di approdare in nerazzurro. Il più grande rimpianto è sicuramente il secondo posto ai mondiali brasiliani, quando l’Argentina si fermò ad un passo dalla storia arrendendosi solo in finale alla Germania.

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ultimo aggiornamento: 16-10-2015


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Rassegna stampa 17 ottobre 2015: prime pagine Gazzetta, Corriere e Tuttosport